Sul Fatto Quotidiano del 14 dicembre Andrea Scanzi scrive
un articolo su X-factor.
“Successo a prova
di snob”, titola, tessendo sostanzialmente le lodi di un prodotto (format!)
popolare e appuntando lo scritto di osservazioni interessanti.
Per dirne un paio, “demonizzarlo
non ha senso: è certo sbagliato che sia l’unica forma per emergere, ma proprio per questo suona masochistico
stroncarla a prescindere”; oppure “è
intrattenimento puro. Riuscito e ben
fatto. Un prodotto ben confezionato… anche i difetti… contribuiscono a
rafforzare la partecipazione dello
spettatore, che tifa, si emoziona e si arrabbia”.
Non so se Scanzi (che generalmente apprezzo molto) quando
scriveva sul Mucchio Selvaggio avrebbe affermato le stesse cose, ma a parte
questo trovo che manchi del tutto la considerazione di una “terza via”, o third
stream per rimanere in tema musicale: uno né snob né coatto può dire che
X-factor è brutto?
Ma mica perché è da demonizzare, macché: è che come
spettacolo fa proprio venire due cosi così.
E’ una pizza, e lo sarebbe anche con musica di altro
livello.
Se non stai lì con una mano ai social network per
twittare, scrivere su Fb, o al limite mandare sms, che fai nei tempi morti?
Che fai durante pubblicità, sproloqui dei giurati, sproloqui
del presentatore, siparietti, scene del back-stage, immagini dei papà
immagonati?
Che fai se vuoi soltanto ascoltare qualche
giovanotto/ragazzina che canta, visto che quella è “l’unica forma per emergere”?
Ti rompi i coglioni, ça va sans dire. Io trovo persino
Sanremo più veloce e “musicale”.
Altro discorso se la buttiamo sulla contemporaneità,
sulle fasce d’età, sull’interazione in tempo reale con i social e la rete.
Però qui siamo distanti da ogni “sostanza” musicale: c’è
poca polpa, insomma, perché la polpa vera sta da un’altra parte. E sta
nell’idea di emergere rapidamente, con gli enormi mezzi
tecnologici/massmediologici a disposizione oggi, con la possibilità di
propagare la propria fama alla velocità di un virus a prescindere dalle idee,
dall’esperienza, dall’anima.
Insomma, solo se diamo per scontato che “successo e fama”
equivalgono a “buona musica” allora sì, siamo in un talent show.
Ma, nel deprecabile caso, io continuerò ad annoiarmi lo
stesso.
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