domenica 24 marzo 2013

Primavera piovosa.

Ascoltavo una trasmissione radiofonica, stamattina. Un canale Rai, l’unico anzi che riesca ad ascoltare a prescindere dagli orari e dai conduttori.
Parlavano di radiofonia, di storia della radio ed in particolare di Radio Tirana.
Hanno mandato una sigla del 1988 registrata alla meno peggio, con tutte le caratteristiche che poteva avere la sigla di una radio di stato nell'Albania di 25 anni fa. Musica pomposissima, marziale, un po’ nostalgica e un po' carica di fiducioso pathos, su cui si inseriva la voce stentorea e sicura di sé di uno speaker che io immaginavo in uniforme, sull'attenti, durante la lettura dell’incomprensibile e certamente inutile testo.

Passa un minuto e il conduttore annuncia un ascolto / confronto con il presente, dicendo “a Tirana c’è stata una primavera e lo si sente  anche dalla radio, dalla sua nuova sigla”.
Parte il jingle.
Sonorità contemporanee, digitali e precise, voci maschili e femminili sovrapposte e distorte e cariche di echi che sembrano annunciare l’Apocalisse o uno strip show, effetti roboanti, suoni elettronici martellanti.
Non fa schifo, peggio.
Orrenda senza speranza.
E’ la fotocopia di qualsiasi repellente jingle di qualunque radio commerciale della minchia che tortura l’etere oggi, qui e ovunque come qui.
E su RadioRai mi dici che questa sarebbe la “primavera”?
Il progresso?
La modernità?
Il MERCATO, magari?

Conduttore, non è che ha piovuto da marzo a giugno, quella primavera lì?
E te ti sei bagnato troppo?