Per lui, che odia il 18 (l’articolo) e ama l’8 (euro lordi all’ora, quel che paga ai suoi dipendenti), che non sopporta chi porta il giubb8 perché gli tocca far perquisire i dipendenti (sempre quelli a 8 euro l’ora, lordi) per vedere se si portano a casa una scamorza dalla cucina, per questo facci8 da federale felice che sembra festeggi la marcia su Roma, per egli si potrebbe coniare l’espressione EVITEATALY.
Ma la sostanza non cambia.
venerdì 27 dicembre 2013
martedì 24 dicembre 2013
Auguri di...
Buone Feste!!
Soggetto: "Chitarra Simon&Patrick e strano Personaggio, in clima natalizio" ;)
PH. photonikart@gmail.com
domenica 22 dicembre 2013
NO, GRAZIE, SON GIA’ RICCO DI MIO.
Da “Repubblica”:
Uno shopping natalizio indimenticabile per i clienti del supermercato Walmart di Tewksbury, una piccola città del Massachusetts a venti chilometri da Boston. Venerdì sera tra gli scaffali e con tanto di carrello ha fatto la sua apparizione la pop star Beyoncé Knowels. La diva ha acquistato qualche giocattolo per la sua bambina e una copia del suo nuovo album. Ai microfoni del supermercato ha poi annunciato un regalo per tutti i presenti: un buono spesa da 50 dollari. Gli scatti dell'insolita trovata promozionale sono stati pubblicati sul suo profilo Facebook.
Repubblica - Foto - USA Sorpresa al supermarket: c'é Beyoncé
Un buono spesa? Ma perché?
Non basta vedere la tua faccia e sentire la tua “musica” morta e priva di senso?
Non basta ciucciarsi la pantomima della star che si mescola con la gente comune e fa la spesa al supermercato spingendo il carrello, comprando i giocattolini da due soldi di Walmart, che tenera, che democratica?
No, adesso anche l’elemosina?
50 dollari di buono spesa, perché? Cosa spinge una stronza ricca e detestabile a fare così?
Ha bisogno d’amore? Le è mancato l’affetto, da piccola?
Che schifo. E che occasione sarebbe per scriverci una canzone, fosse ancora in giro Zappa…
Il titolo lo fornirei io: Ship the fifty to your deep south, baby.
Uno shopping natalizio indimenticabile per i clienti del supermercato Walmart di Tewksbury, una piccola città del Massachusetts a venti chilometri da Boston. Venerdì sera tra gli scaffali e con tanto di carrello ha fatto la sua apparizione la pop star Beyoncé Knowels. La diva ha acquistato qualche giocattolo per la sua bambina e una copia del suo nuovo album. Ai microfoni del supermercato ha poi annunciato un regalo per tutti i presenti: un buono spesa da 50 dollari. Gli scatti dell'insolita trovata promozionale sono stati pubblicati sul suo profilo Facebook.
Repubblica - Foto - USA Sorpresa al supermarket: c'é Beyoncé
Un buono spesa? Ma perché?
Non basta vedere la tua faccia e sentire la tua “musica” morta e priva di senso?
Non basta ciucciarsi la pantomima della star che si mescola con la gente comune e fa la spesa al supermercato spingendo il carrello, comprando i giocattolini da due soldi di Walmart, che tenera, che democratica?
No, adesso anche l’elemosina?
50 dollari di buono spesa, perché? Cosa spinge una stronza ricca e detestabile a fare così?
Ha bisogno d’amore? Le è mancato l’affetto, da piccola?
Che schifo. E che occasione sarebbe per scriverci una canzone, fosse ancora in giro Zappa…
Il titolo lo fornirei io: Ship the fifty to your deep south, baby.
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sabato 14 dicembre 2013
TALENT SNOB, TALENT STOP
Sul Fatto Quotidiano del 14 dicembre Andrea Scanzi scrive
un articolo su X-factor.
“Successo a prova
di snob”, titola, tessendo sostanzialmente le lodi di un prodotto (format!)
popolare e appuntando lo scritto di osservazioni interessanti.
Per dirne un paio, “demonizzarlo
non ha senso: è certo sbagliato che sia l’unica forma per emergere, ma proprio per questo suona masochistico
stroncarla a prescindere”; oppure “è
intrattenimento puro. Riuscito e ben
fatto. Un prodotto ben confezionato… anche i difetti… contribuiscono a
rafforzare la partecipazione dello
spettatore, che tifa, si emoziona e si arrabbia”.
Non so se Scanzi (che generalmente apprezzo molto) quando
scriveva sul Mucchio Selvaggio avrebbe affermato le stesse cose, ma a parte
questo trovo che manchi del tutto la considerazione di una “terza via”, o third
stream per rimanere in tema musicale: uno né snob né coatto può dire che
X-factor è brutto?
Ma mica perché è da demonizzare, macché: è che come
spettacolo fa proprio venire due cosi così.
E’ una pizza, e lo sarebbe anche con musica di altro
livello.
Se non stai lì con una mano ai social network per
twittare, scrivere su Fb, o al limite mandare sms, che fai nei tempi morti?
Che fai durante pubblicità, sproloqui dei giurati, sproloqui
del presentatore, siparietti, scene del back-stage, immagini dei papà
immagonati?
Che fai se vuoi soltanto ascoltare qualche
giovanotto/ragazzina che canta, visto che quella è “l’unica forma per emergere”?
Ti rompi i coglioni, ça va sans dire. Io trovo persino
Sanremo più veloce e “musicale”.
Altro discorso se la buttiamo sulla contemporaneità,
sulle fasce d’età, sull’interazione in tempo reale con i social e la rete.
Però qui siamo distanti da ogni “sostanza” musicale: c’è
poca polpa, insomma, perché la polpa vera sta da un’altra parte. E sta
nell’idea di emergere rapidamente, con gli enormi mezzi
tecnologici/massmediologici a disposizione oggi, con la possibilità di
propagare la propria fama alla velocità di un virus a prescindere dalle idee,
dall’esperienza, dall’anima.
Insomma, solo se diamo per scontato che “successo e fama”
equivalgono a “buona musica” allora sì, siamo in un talent show.
Ma, nel deprecabile caso, io continuerò ad annoiarmi lo
stesso.
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venerdì 13 dicembre 2013
JIM
A 83 anni è morto Jim Hall. Tanto il suono della sua chitarra era morbido, tanto era vasta la sua visione della musica: unica era la sua capacità di costruire dialoghi e rapporti musicali con chiunque, anche in possesso di stili diversi. Il suo, di stile, era riconoscibilissimo; con un fraseggio sinuoso e mai banale e una capacità di armonizzare assolutamente eccezionale, stupiva l’originalità del suo approccio anche ai temi più noti.
Era un musicista sobrio, intelligentissimo, sempre alla ricerca di un punto di vista nuovo: Jim Hall è una figura imprescindibile per capire la chitarra ed il jazz del dopoguerra.
Indicare i titoli più meritevoli nella sua discografia è esercizio inutile, così è meglio affidarsi al gusto personale; per esempio The bridge di Sonny Rollins vede la chitarra di Hall come unico strumento armonico, ed il suo accompagnamento minimale è in alcuni punti sbalorditivo per asciuttezza ed efficacia.
Alone together, in duo con Ron Carter, è invece uno dei modi migliori per ascoltarlo in dimensione live, e rendersi conto che l’improvvisazione stimolava moltissimo la sua intelligenza musicale e la sua originalità.
Maestro di tanti, Abercrombie, Scofield, Frisell, Metheny, in moltissimi lo piangeranno.
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mercoledì 11 dicembre 2013
TALENT SHOW, TALENT BOH
Non riesco a vincere la noia. Potrebbero suonare le
variazioni Goldberg, tutto il repertorio di Robert Johnson, qualsiasi cosa. Io
finisco per annoiarmi, e anche piuttosto rapidamente.
La figlia di un amico è in finale tra poche ore. A
X-factor.
Da settimane, mesi, sui social network è spuntato un
florilegio di “mi piace”, “condividi”, “vuoi partecipare al gruppo”. Entusiasmo
alle stelle: sembra sia arrivata la Callas della musica popolare.
Il padre, musicista lui stesso, setaccia con costante
inflessibilità il web alla ricerca di tutto il ciarpame gossip che riguarda la
figliola e lo pubblica, per esporlo al pubblico ludibrio.
In pratica, esattamente quello che stanno facendo anche
gli altri papà e mamme con pargoli impegnati nell’artistica tenzone.
E giù sghignazzate sul cretino che ha scritto questa
roba, ma dove prende le informazioni, sì figuriamoci, non è vero che è
raccomandata è soltanto la migliore, sono tutti invidiosi, eccetera; vagonate
di amici/amiche a sbranare i malcapitati coglioncelli che postano in rete
notizie balenghe.
In pratica, esattamente quello che stanno facendo anche
amici/amiche degli altri papà e mamme.
Basterebbe solo questo, che pure è niente in confronto al
resto del baraccone, a smontare ogni desiderio di avvicinarsi in nome della
musica.
Un casino pazzesco: banner, slogan, striscioni, fan club, com’è
carina, schermi giganti, sei invitato… in sostanza un incitamento alla fuga.
Ho provato, mi sono detto “ma lei non è male, è brava, adesso
ci sforziamo e vediamo se un’occhiata oltre il bordo rivela panorami
interessanti”.
Bisogna superare alcuni ostacoli.
Per prima cosa, la bruttezza della trasmissione da un
punto di vista squisitamente visivo. Ambientazione e scenografie un poco più
pacchiane del matrimonio di un capoclan di Scampìa, luci e inquadrature e
stacchi da discoteca riminese dopo tre o quattro pasticche, testi e stile di
conduzione perfetti per un villaggio turistico: è dura, eh?
Andiamo avanti, ci sono gli affascinanti giurati da
affrontare. Detto che per la Ventura basta il nome, che per i soldi anche un
musicista serio potrebbe fare la qualunque, che mi è parso di vedere pure la
controfigura scadente e malaticcia di Morgan, mi è rimasta curiosità per quell’incredibile
essere che si veste di fucsia o qualcosa di simile. Insomma, chi è? Cosa fa
nella vita? Quali sono le sue aspirazioni? Perché bisognerebbe conoscerlo?
Durissima anche qui.
A dire il vero non è passato COSI’ tanto tempo. Non ho
resistito più di 20 - 25 minuti (in più riprese) totali, perché la noia mi ha
sempre aggredito con una veemenza devastante.
Ho ascoltato qualche cover e i brani originali.
Tra le cose notate, l’idiozia di voler proporre come
cover di Hendrix “Little wing”. Quel tizio non ce l’aveva un arrangiatore
(coach? Allenatore? Sparring partner? Manager?) a dirgli “va bene la cover di
Jimi ma non quella, perché è praticamente IMPOSSIBILE tirarci fuori qualcosa di
originale e interessante o che non sia già stato fatto miliardi e miliardi di
volte”?
Ma i brani originali… non s’affrontano, no. Certo non si
capisce perché uno bravo a scrivere dovrebbe mettere le sue cose migliori in
una trasmissione tv usa e getta, ma un limite… ce lo vogliamo porre?
In realtà X-factor può servire, al massimo, a cercare di
intuire se uno o l’altro partecipante possieda capacità interpretative di
qualche tipo. Diciamo che essendo impossibile premiare la musica (davvero,
qualche passaggio delle canzoni scritte per i finalisti risulta imbarazzante)
si riconosce un attitudine, un carattere, un’idea di possibilità futura.
E’ solo che il talento non c’entra niente, ad onta del
nome. Il “talent” è parola troppo grossa per queste X, dove i già elefantiaci
meccanismi del business musicale sono appesantiti dalle esigenze del business
televisivo; l’ibrido che ne risulta è un manuale di assemblaggio per aspiranti
star dello spettacolo, un esempio di My fair lady versione televisiva con
l’ambizione non della buona società bensì di un buon contratto con qualche
major.
E mi dispiace per la brava figliola, ma appena la noia mi
ha ri-azzannato, via, a tutta velocità…
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